Per chi ancora non lo sapesse, se sei un cittadino europeo che risiede in UK, per mantenere i tuoi diritti dopo la Brexit (perché se prima hai saltato la coda, adesso invece ti tocca) devi richiedere (non iscriverti, richiedere e sperare per il meglio*) il cosiddetto settled status (EU Settlement Scheme).

Sabato scorso siamo andati a informarci meglio ad un incontro organizzato da uno studio di avvocati, Seraphus Solicitors, che hanno spiegato per due ore, a titolo gratuito, come funziona.

È da allora che mi è definitivamente salita la carogna.

Ma torniamo al punto: ci sono un paio di cose che non sapevo, nonostante mi fossi informata ovunque potessi, e che mi sembra invece importante far sapere.

La prima è che per controllare se effettivamente una persona è stata per almeno 5 anni in UK, l’Home Office controlla i dati che ha fino a 7 anni indietro nel tempo e non oltre.

Esempio pratico: una donna che ha vissuto in UK per 15 anni, per i primi 7 anni ha regolarmente lavorato e poi ha deciso di stare a casa con i figli, senza nessuna bolletta o conto corrente a suo nome, avrà molta più difficoltà a dimostrare la sua residenza.

La seconda è che la data di scadenza attuale (e potrebbe cambiare) per richiedere il settled status è il 31 dicembre 2020.
Ci è stato detto chiaramente che è illegale che un qualsiasi ente o datore di lavoro richieda di controllare il proprio settled status prima di quella data, e che vale anche nel passare la frontiera.

Il motivo del mio incarognimento, che dopo 3 anni di pazienza ha deciso, giustamente, che non se ne vuole andare, è l’impressione generale che ho avuto durante quell’incontro: ovvero sembra che quando l’Home Office ha implementato la procedura abbia fatto di tutto per semplificarsi la vita, senza minimamente considerare le possibili discriminazioni e problemi che avrebbero potuto avere le persone coinvolte.

Ho avuto modo di percepirlo nei racconti e nelle espressioni sul viso delle persone: diverse storie e diverse difficoltà, e il fatto che, come sempre, le persone più svantaggiate sono anche quelle più colpite.

Il problema è che tutto ciò è il minimo che ci si può aspettare da un ente che ha ideato l’hostile environment e lo scandalo Windrush.

Ed è anche per questo motivo che non farò il settled status a meno che non sia costretta.

Cito dal sito del governo (tradotto):

Se entro il 31 dicembre 2020 raggiungerai 5 anni di residenza continua, puoi scegliere di attendere fino al raggiungimento dei 5 anni. Ciò significa che se la tua richiesta ha esito positivo, otterrai il settled status senza dover prima richiedere il pre-settled status.

Avrò 5 anni di residenza l’anno prossimo, e quindi, al netto di possibili disastri, non mi sogno di dare i miei dati all’Home Office prima di quella data, anche perché non ho nessuna intenzione di fare la stessa procedura due volte. E se sarà possibile aspettare oltre, lo farò.

Ma la carogna rimane.

*Nota: c’è un bellissimo articolo dell’associazione dei 3million che spiega la differenza tra registrarsi e iscriversi.