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Mettere a fuoco le idee

Una delle cose che sto cercando di fare in questi giorni è tentare di superare lo choc iniziale dell’arrivo qui e adattarmi alle nuove condizioni, cercando di capire quali sono i lati positivi.

In realtà vedo i lati positivi, quelli negativi, ma non mi sto adattando, e invece sto cominciando a mettere insieme un po’ di idee, influenzata anche da quello che sta succedendo a livello internazionale.

Una di queste idee è che non c’è nessun merito ad essere nati dalla parte giusta del mondo, ma di sicuro c’è un evidente svantaggio nell’essere nati dalla parte sbagliata.

La nazione da cui provengo non è una nazione in guerra civile o poverissima, ma per molti aspetti è diventata invivibile.

Il vero problema è rendersi conto di quanto sia davvero invivibile, su quali specifici aspetti, e se si è disponibili o no a tollerarli.

Faccio parte di quella categoria di persone che in genere (anche se non sempre) si rendono conto di quello che hanno perso quando lo perdono, ma al di là di questo sono convinta che sperimentare di persona, quando si parla di nazioni diverse, sia indispensabile.

Il pensiero che mi si sta formando nella mente è che sono nata nella famiglia giusta, al momento giusto, nella nazione giusta.

Mai come ora amo l’italiano (l’ho sempre amato e sempre dichiarato, ma adesso conosco anche un po’ meglio l’inglese), il cibo italiano, il design italiano, la cultura italiana, e mai come ora ne vado fiera.

Posso anche adattarmi a questa vita, ma ne vale davvero la pena? Avrò sbagliato nazione, o città, o semplicemente la mia nazione è quella che ho lasciato?

Per ora posso solo permettermi di restare qui dove sono, e quindi questi pensieri lasciano il tempo che trovano.

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Discussione

  1. Mi colpisce questo tuo sentirti italiana. Io ho smesso di sentirmi italiana quando, a 24 anni, sono andata a vivere a Trento: improvvisamente non capivo nessuno, il mangiare era strano e spesso indigesto, disgustoso o entrambe le cose, tutti capivano appena aprivo boca e spesso anche prima che non ero di lì, e si comportavano di conseguenza ("ma no signorina, questo modulo non può compilarlo qui, deve farlo nella regione di residenza" dopo 5 anni che ci abitavo). Per non parlare del clima abominevole, degli orari strani di ristoranti e negozi e della povertà culturale - ora le cose sono cambiate, ma all'epoca non c'era un teatro in città e il cinema migliore era quello parrocchiale di Pergine Valsugana.

    Da allora mi sento toscana; con lunghi soggiorni (un anno e oltre) ho imparato ad apprezzare tante altre parti d'Europa (Germania, Svezia) dove mi sento esattamente fuori casa quanto a Trento o a Trieste, la mia città attuale. Per te un consiglio: datti tempo. Specialmente all'estero, il mio punto di vista è cambiato continuamente con lo scorrere dei mesi - a volte in meglio, a volte in peggio. E tutta la mia stima, perché comunque voi il coraggio di andare a vedere di persona com'è il mondo là fuori l'avete trovato.

  2. Ti sei sentita a Trento come me a 13 anni quando sono andata da Roma nel profondo nord (provincia di Novara) :) In quindici anni lì ho poi apprezzato la vita e le persone, e mi è dispiaciuto tantissimo andare via. Conosco quelle zone benissimo, e le adoro. Amo Roma, amo la Toscana, il Veneto, il Piemonte, il Trentino, che ho cominciato a conoscere quando quasi vent'anni fa ci è andato a vivere mio fratello (tra l'altro, proprio a Pergine :D), quando prendevo il treno per Trento mi saliva un'emozione fortissima, come se andassi verso casa. Amo il Molise, dove è nata mia madre, amo la Sicilia, ah la Sicilia. Però più di tutto amo Milano, ed è l'unica città dove vivrei. Ci sono anche posti che faccio fatica a vedere belli, come Caserta, che Reggia a parte secondo me è terrificante, e Enna, che è bellissima ma veramente ostica, o anche Latisana, che per me è uno dei posti meno belli in Friuli, anche se è a pochi chilometri da Lignano, che non è malvagia. Amo il cibo di qualsiasi regione, alcune cose più di altre, ma abbiamo una varietà e un'abbondanza che sono splendide ed eccezionali.

    Lo so che devo avere pazienza, ma è anche vero che un conto è ambientarsi ed adattarsi a 13 anni, in un posto che comunque è della tua nazione, anche se anche lì il cibo era terribile, all'inizio; un conto è farlo a 45. Probabilmente sono solo molto stanca, e ho sottovalutato l'aspetto età. Per certi versi il fatto di non potermene andare subito gioca a favore dell'avere pazienza, e se quando invece potrò farlo non avrò cambiato idea, allora forse sarà meglio tornare. Ma intanto ho portato a casa l'aver ritrovato cosa c'è di bello nella mia patria, nonostante tutto

  3. Sono questo tipo di pensieri che, nel novantanove per cento dei casi, portano ad un cambiamento.

    Quello fatto da voi due non è da poco, non è semplice, non è banale.

    Quando ti trasferisci da “giovane” hai gli amici di scuola e di università con cui confrontarti e trovare qualcuno che percorra con te un pezzo di strada. Quando ti trasferisci da "neo laureato" in un'altra città perché ti hanno assunto hai dei colleghi che parlano la tua lingua, tifano la tua squadra di calcio preferita, hanno la passione dell'uncinetto, vogliono portarti o vuoi portare a letto. Insomma, hai degli appigli.

    Quando ti trasferisci da “sposato” in una nazione straniera non hai niente di tutto questo. Hai solo il tuo compagno/a e la voglia di fare, di scoprire, di mordere il mondo che ti viene incontro. Gli altri lo sono in tutto e per tutto, con le loro vite incasinate come la tua e con molta meno voglia – almeno i coetanei – di affrontare la vita come invece dovete fare (per forza di cose) voi due.

    Quello che non vi deve mancare è l'orgoglio delle vostre persone. Sia a livello umano, che a livello lavorativo. La voglia di esplorare assieme. Assaggiare la vita. È dura, durissima. E questi post non fanno che confermare le mie personali paure dei cambiamento. Però siete nel Paese della meritocrazia. E proprio per chi siete voi due, questo non potrà che portare cose buone.

    Noi (almeno nello spirito) siamo con voi! Take care…

  4. Grazie :) Grazie soprattutto quando dici che non ci deve mancare l'orgoglio, che è qualcosa che sto cercando di recuperare nel fondo in cui è finito.

    La cosa ridicola in tutto questo è che finora non ho mai avuto paura di cambiare, ho cambiato talmente tanto talmente tante volte che ho smesso di contare, ma un cambiamento così non l'avevo mai fatto. E questo cambiamento mi ha fatto venire quella paura, e in questo momento confesso di sperare solo di sopravvivere.

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