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Lavorare gratis

Oggi vi racconto una storia.
C’era una volta un bel gruppo di persone che lavoravano per la stessa azienda.
Sulla carta in realtà le aziende erano più di una, ma l’ufficio era lo stesso, il lavoro svolto era in comune e chi comandava pure.
Avevano anche un’altra cosa in comune queste persone: nonostante il contratto a tempo indeterminato, il loro stipendio arrivava circa verso il 20 del mese successivo.
Col tempo, questa data si era spostata sempre più in là, prima il 25, poi il 30, poi il 10 del mese dopo ancora, e così via. Ad alcuni lo stipendio non stava proprio più arrivando.
La nostra eroina era una di quelle persone e, un po’ provata da questo fatto (immaginatevi cosa vuol dire per chi, come me, vive del proprio stipendio, vederlo dopo 40 giorni, tra affitto, spese, e compagnia bella), inizialmente aveva provato a chiedere spiegazioni, poi aveva mandato una raccomandata per chiedere quanto le spettava, secondo i termini del contratto. Infine aveva deciso, sempre secondo i termini del contratto, di dare le dimissioni immediate per giusta causa.

Sono passati due anni e mezzo da allora.
In questi due anni e mezzo altre persone come lei si sono licenziate, e insieme alla nostra eroina alcune di loro hanno scelto di andare dallo stesso avvocato.
La nostra eroina e un’altra persona, che facevano capo alla stessa azienda, tramite l’avvocato hanno fatto il decreto ingiuntivo, poi il pignoramento dei beni, e infine nel momento in cui hanno comunicato di voler fare istanza di fallimento finalmente qualcosa si è mosso.
L’avvocato di controparte si è fatto sentire, ed è stato stabilito di comune accordo che l’importo dovuto sarebbe stato rateizzato in 8 parti, a partire da gennaio di quest’anno.
Di rate ne sono state pagate 3, in clamoroso ritardo, tramite assegno, poi più nulla.

Alle due persone a questo punto se n’è aggiunta una terza,  che faceva sempre parte della stessa azienda, e che a differenza di loro era andata dai sindacati, senza ottenere assolutamente nulla.
Si è passati dunque dalle parole ai fatti: l’istanza di fallimento è stata firmata.
Questa settimana, e poi i prossimi 30 giorni, saranno decisivi per capire come si vorrà muovere l’azienda.

Vi racconto questa storia perché ci sono alcuni dettagli, chiamiamoli così, che chiunque dovrebbe conoscere.
Innanzi tutto, non posso fare il nome dell’azienda, questo perché, nonostante quello che ho scritto sia vero e documentabile, il fatto di raccontarlo permetterebbe all’azienda di fare una denuncia per diffamazione, con tutte le conseguenze del caso (una causa, che se va bene dura almeno tre anni, e le spese per sostenerla), e visto che ho già una causa (e le spese) in corso, non ce la farei a procedere per questa via.
Non è detto che non deciderò diversamente in futuro.

Questi i punti che vorrei sottolineare:

– rivolgersi ai sindacati è stato inutile, non solo nel caso sopra citato, ma anche per un’altra persona non citata prima. Inutile perché dopo anni non hanno ottenuto nulla e non si sono mossi nemmeno con un decreto ingiuntivo.

– rivolgersi invece allo stesso avvocato in più persone, nonostante l’impossibilità di una class action e il fatto che legalmente facessimo parte di aziende diverse, è stato produttivo. Se fossi stata l’unica da quell’avvocato, ad esempio, l’istanza di fallimento non sarebbe stata possibile (vedi il punto seguente).

– l’istanza di fallimento si può fare solo se i crediti superano i 30.000 euro. Le spese per sostenerla non sono in alcun modo rimborsabili.

– se l’azienda decide di non interrompere l’istanza pagando il dovuto, ci vuole circa un anno prima del fallimento vero e proprio, e il fondo di garanzia dell’INPS a quel punto pagherà il TFR e fino a tre mesi di stipendio. Se il vostro credito è maggiore, non è detto che lo riavrete indietro (idem per le spese dell’avvocato).

– senza il decreto ingiuntivo e il pignoramento dei beni, cioè senza aver tentato prima altre strade, non è possibile chiedere l’istanza di fallimento. In altre parole, senza l’intervento degli avvocati (e le conseguenti spese) non si può procedere.

– tutto il procedimento (decreto ingiuntivo, pignoramento, etc) prima comincia maggiori sono le probabilità che l’azienda abbia ancora qualcosa in cassa, e possa pagare. Se si aspettano molti anni, come nel nostro caso, maggiore è la probabilità che rimanga solo il fondo di garanzia dell’INPS (sempre che all’INPS ci siano abbastanza soldi).

In sintesi: se la vostra azienda comincia a non pagare gli stipendi, o a pagarli in ritardo, e voi siete assunti a tempo indeterminato, cominciate a pensare al futuro. I vostri cosiddetti diritti non sono poi così facili da difendere, e quello che potrebbe succedere è che quel denaro che vi spetta non lo rivedrete mai più.

Sto dicendo una cosa ben precisa: è più facile di quanto pensiate che vi ritroviate a lavorare gratis.
Non illudetevi ma soprattutto non buttate via il vostro lavoro e i vostri soldi, regalandoli ad aziende che magari non vi considerano più di un ingranaggio nella macchina aziendale (e spesso hanno anche il coraggio di sentirsi superiori).
Comprate una copia del vostro contratto nazionale e imparatela a memoria.

Prima cominciate ad agire contro l’azienda, più è facile riavere indietro quello che vi spetta.
Se siete nell’azienda da più di un anno, valutate l’idea delle dimissioni senza preavviso per giusta causa, e poi la richiesta della disoccupazione.
Non aspettate a rivolgervi a un buon avvocato, e se potete fatelo in più di una persona. Se volete proprio andare dal sindacato, non fatelo da soli, e spingete per fare quanto prima il decreto ingiuntivo.
Ricordatevi che in ogni caso sarà un percorso lungo e difficile, e ancora una volta cercate di non farlo da soli.
Quando si dice l’unione fa la forza, non è soltanto un modo di dire.

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